Segnaliamo l’attuale mostra napoletana di Chiara Dynys alla Galleria Casamadre Arte Contemporanea di Napoli, inaugurata a ottobre e di cui è prevista la chiusura a marzo 2021.
In questa mostra, curata da Eduardo Cicelyn, l’artista milanese sceglie di limitare la varietà delle modalità operative con cui sa esprimersi ricorrendo unicamente ad una configurazione plastica geometrica di matrice minimalista, a sua volta sostegno di un più complesso gioco di scomposizione delle immagini.
Le opere, infatti, sembrano tutte appoggiarsi all’effetto percettivo e al principio concettuale della rifrazione di immagini all’interno di una forma geometrica, regolare (nel caso della serie Kaleidos) o irregolare (per la serie La Blancheur). Grazie all’impiego di specchi ultrasottili opportunamente disposti, i lavori di entrambe le serie intessono un articolato rapporto con lo spazio circostante (e soprattutto con lo spettatore), ulteriormente complicato, nella serie La Blancheur, dal riflesso, nell’opera, dell’opera stessa.
Infatti gli specchi di queste scatole bianche (al cui interno è presente una fotografia -scattata dall’artista- che riproduce statue di gesso di Antonio Canova) ripropongono non solo lo spazio reale ma anche la fotografia in un continuo gioco in cui il riflesso dello spazio esterno non è disgiunto dal riflesso della fotografia stessa.
Le fotografie di La Blancheur o la lente deformante della serie Kaleidos costituiscono sia il fondo costruttivo delle singole opere sia il centro concettuale attorno al quale esse ruotano.
Nello spazio rarefatto della Galleria, la congruenza della struttura plastico-formale e di quella concettuale di entrambe le serie garantiscono una spiccata omogeneità alla mostra, pur mantenendo vario l’effetto finale. La seconda serie, infatti, introduce le cromie vivaci care all’artista che portano allo scoperto un senso di gaiezza e vitalità, capace di vivificare lo spazio espositivo; la prima, invece, sembra puntare piuttosto su una profondità concettuale e riflessiva maggiore.
Entrambe le tipologie di lavori incorporano, si è detto, lo spazio circostante, lo chiamano a sé, evocandolo per, e in, frammenti di visione: in Kaleidos, distorto per l’azione della lente convessa; in La Blancheur, invece, trasformato dal riverbero, nell’opera, dell’opera stessa: dalla presenza, cioè, del riflesso delle fotografie che interagisce e interferisce con i riflessi dell’ambiente circostante (spettatore compreso), in una sorta di metaforica immagine dell’individuo. Ciascuno di noi, infatti, è sé stesso solo nella continua ed inscindibile relazione con il mondo che abita e la riflessione su noi stessi non può essere disgiunta, consapevole o meno che sia questo rapporto intimità-esteriorità, da quella sulle relazioni di cui facciamo parte e che diventano parte di noi stessi, così come le immagini riverberate dagli specchi sono sia quelle dello spazio espositivo sia quelle della fotografia “incorporata” nella scatola. Quasi a suggerire una sorta di “autoriflessione” dell’opera: l’opera che analizza sé stessa…
Ha intelligentemente intercettato questa tematica del “fondo” anche Eduardo Cicelyn che in apertura del suo testo introduttivo alla mostra scrive che un’opera d’arte è una cosa “che porta in sé una domanda, la domanda di fondo ovvero la domanda che è nel fondo” e ancora “in profondità, sotto una superficie di colori, materie” -e possiamo aggiungere- sotto un caleidoscopio di riflessi “si può avvertire la scossa che spinge … in un continuo rimbalzo emotivo e intellettuale.”
Quelli esposti in questa personale sono dei dispositivi visivi che restituiscono una visione di schegge irregolari; ricettacoli e custodi di un mondo che si manifesta in frammenti, emergendo insieme dal fondo dell’opera. Un mondo in bilico, poiché basta uno scostamento lieve dello sguardo perché si configuri una struttura differente.
Sottile è, infine, la membrana che separa le considerazioni intellettuali, che possono scaturire da un sincero confronto con opere come queste, dall’emozione e dalla piacevolezza del gioco di luce e forme che da questi lavori promana.
Un’ultima notazione: nella serie La Blancheur, è raffinato omaggio formale all’ispirazione canoviana la vernice a gesso che riveste la struttura lignea esterna di questi dispostivi ottico-artistici.
Casamadre Arte Contemporanea, piazza dei Martiri, 58, Palazzo Partanna, Napoli ¦ 22 ottobre 2020 – marzo 2021 ¦ (per maggiori informazioni su aperture e periodo, consultare la Galleria)
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