Arte contemporanea Mostre

Maurizio Cattelan – Breath Ghosts Blind

Breath, 2021

Una piazza qualsiasi in una qualsiasi città, in una qualsiasi notte tiepida, un uomo, che potrebbe essere chiunque, e un cane, che potrebbe essere qualsiasi cane, entrambi sdraiati e rannicchiati, l’uno accanto all’altro, a distanza d’un respiro, protagonisti di quello che potrebbe essere, forse, un dialogo che però non sarà: entrambi chiusi nel loro sogno di marmo. Due statue. È questa l’opera d’apertura della mostra “Breath Ghosts Blind” di Maurizio Cattelan (Padova, 1960) presso HangarBicocca, a Milano, a cura di Vicente Todolì e Roberta Tenconi, fino al 20 febbraio 2022. Ed è anche la più poetica, dalla quale emerge, silente, un senso di vicinanza che, in fondo, il titolo Breath, 2021, esprime. Qualche passo, dunque, nella cosiddetta “piazza” e eccoci testimoni dell’incontro silenzioso e atavico tra uomo e cane, possibile indicazione di un’apertura tra esistenze che condividono lo stesso mondo, le une vicine alle altre, eppure straniere, addormentate le une per le altre. È il primo ‘episodio’ di questa “drammaturgia in tre parti” -come si legge nell’opuscolo che accompagna l’esposizione- e che ci introduce nel secondo atto di questo dramma.

Breath, dettaglio

Da guardanti, ora, diveniamo guardati, ma non ce ne avvediamo subito; perché ci attendono fantasmi, Ghosts, 2021, la seconda opera. Si avanza nelle Navate con una vaga sensazione di inquieta solitudine: tagli di luce netti dinamizzano l’oscurità e turbano lo spazio; sotto questi fasci luminosi le presenze ectoplasmatiche dei volatili si fanno corpi, immobili cadaveri tutt’altro che squisiti, e si possono immaginare i loro simili nascosti nel buio. L’uso grafico della luce che in fasci taglia le ombre ottiene un effetto particolarmente significativo. È così che centinaia (forse migliaia) di piccioni imbalsamati, appollaiati sulle strutture industriali del carroponte, scrutano, con le loro orbite vuote, i visitatori i quali, appunto, non si accorgono immediatamente della presenza di questi piccioni immolati sull’altare del lavoro del padovano.

Ghosts, versione 2021

Al di là dell’effetto scenico, quest’opera controversa si presenta tuttavia piuttosto debole. Non è un’opera nuova; qui e oggi viene riproposta con il titolo che le è stato assegnato, mentre in precedenti occasioni espositive i titoli erano Tourists, 1997, e Others, 2011. L’opera in questione sembra avere lo scopo di evocare, nelle varie occasioni, una massa estranea ed indistinta, prima Turisti, poi generici Altri, ed oggi evanescenti Fantasmi. Questo susseguirsi di titoli suggerisce ‘presenze’ sempre meno conoscibili e sempre più inconsistenti e, contemporaneamente, una personalità -per così dire- volatile ed esile di questo lavoro attraverso il quale, a ben guardare, ad essere esaltato più che l’esorcizzazione della morte (o una riflessione sulla stessa. La morte è un leitmotiv dichiarato del lavoro di Cattelan) è la banalizzazione di una vita sacrificata senza necessità.

Infine, mentre si cammina sotto lo sguardo occhiuto dei piccioni, appare lentamente e silenziosamente l’ultima opera: Blind, 2021. Un enorme parallelepipedo innalzato su una delle basi minori incorpora, alla sommità, la sagoma di un aereo. Il richiamo automatico è all’evento tragico delle Torri Gemelle di venti anni fa. Questo imponente menir sovrasta lo spettatore che, non potendo cogliere l’intera struttura in un sol colpo d’occhio, è indotto ad iniziar una attenta circumnavigazione. Il materiale dell’opera, una resina scura, nera, che assorbe la luce spiovente, ne sottolinea la staticità, la massa compatta e solida. Vorrebbe essere un “memoriale a un momento di dolore condiviso e alla perdita collettiva”, universale. Il perché del titolo, Blind (Cieco) è difficile da immaginare, “insinuando il dubbio a chi si riferisca l’incapacità di vedere, e forse alludendo alla condizione attuale degli esseri umani” -così suggeriscono i curatori. Malignamente si potrebbe anche, con un certo gusto del macabro, ironizzare sul fatto che il pilota dell’aereo non abbia visto il pilone… Anche Blind vorrebbe assurgere a rango di memoriale della “perdita” tout court; e tuttavia, questa volontà fatica ad emergere. Infatti, il richiamo alla cronaca è fin troppo esplicito (maggiormente “astratto” -anche plasticamente- dall’evento cronachistico avrebbe potuto assumere un più forte senso universale); inoltre, quest’ultimo atto della drammaturgia pare non farsi carico del secondo, cioè dei piccioni imbalsamati usati (“…ho iniziato ad usarli” [gli animali], così nelle parole di Cattelan) per l’opera Ghosts. A questi animali è stata inflitta la perdita, presumibilmente maggiore, per un piccione: quella della vita. Evidentemente, anche nell’universalità alcune perdite valgono meno di altre. Nel complesso, l’esposizione non ricerca la novità; anche le opere nuove fanno ricorso ad immagini ben radicate nel corredo visuale di ciascuno di noi: i calchi pompeiani per Breath e, appunto, l’attentato dell’11 settembre 2001 per Blind.

Blind, 2021
Blind, 2021

Merito di un allestimento che impiega con sapienza buio e luce, Breath Ghosts Blind è una mostra silenziosa, non gridata; quella carica di banale provocazione, varie volte presente nei lavori dell’artista padovano, è qui assente. 

Ico Parisi, Apocalisse gentile: sigillo, 1985

È comunque, forse, “destino” che le mostre di Cattelan, anche quando sono ‘silenziose, non gridate’ come quest’ultima si trascinino dietro almeno qualche pettegolezzo. È il caso dell’opera Blind, questo monolite nero alto quasi venti metri ha una vicinanza iconografica con un dipinto del 1985 di Domenico Parisi, detto Ico, (Palermo 1916 – Como, 1996) architetto, vicino all’ambiente del razionalismo, la cui ricerca architettonica sfociò anche nell’arte e nel design, veramente incredibile. Ospitata alla Pinacoteca di Como, l’opera di Parsi s’intitola Apocalisse gentile: sigillo (della serie Architettura dopo) e raffigura un aereo incastonato in un pilone di un ponte. Che si tratti di una coincidenza, di una citazione o di una sottrazione non è dato sapere. Certo è che questo fatto conferma quanto il lavoro di Cattelan affondi le sue radici nel terreno del rimando, del richiamo, della ripresa; nel quale agiscono senza dubbio due forze potenti, talvolta fuse insieme (un esempio di tale fusione può essere Bidibidobidiboo, 1996). Da un lato la provocazione e dall’altro l’ironia. Della prima basta ricordare, tra le tante, la discutibile statua in resina, La nona ora, 1999, raffigurante papa Giovanni Paolo II travolto da un meteorite. Della seconda ha dato prova in più di un’occasione, come con l’opera, o meglio, il progetto Fondazione Oblomov, 1992, che consistette nell’istituire una borsa di studio per un artista che promettesse di non fare nulla per un anno: in quest’occasione si autoassegnò il valore della borsa. E poi ancora, nel 1999 organizzò la sesta Biennale dei Caraibi, la quale si risolse in un invito ad una decina di artisti a passare una settimana di vacanza sull’isola di Saint Kitts: gli artisti non presentarono opere, non ne crearono in loco. Tutto ciò che rimane di quell’edizione sono fotografie degli artisti a spasso.

La nona ora, 1999
Bidibidobidiboo, 1996

Si può pensare ciò si vuole ma Maurizio Cattelan è sicuramente un abile e sveglio giocatore nel mondo dell’arte e conosce fin troppo bene le regole dell’ambiente nel quale si muove. 

HangarBicocca, via Chiese 2, Milano – 15 luglio 2021 ¦ 20 febbraio 2022

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