È un titolo ambiguo quello che è stato scelto per introdurre questa piccola ed onesta mostra, ordinata da Stefania Severi, dedicata ad una coppia di artisti giapponesi legati profondamente al nostro Paese, Nobushige (Yokohama, 1961) e Mitsuki (Roma, 1992) Akiyama, padre e figlio: “Metamorfosi della natura”. Ambiguo perché ci si domanda, in fondo, chi, o cosa, cambi forma: è la natura che, sottoposta al fare dell’Uomo, ne esce diversa; oppure è l’Uomo che, a contatto con l’elemento naturale, si trasforma? In mostra sono presenti opere che inclinano il piano ora di qui ora di là.
Le carte Kozo di Nobushige testimoniano della trasformazione del gelso in fogli di carta fatta a mano (washi) sui quali poi interviene l’autore con altri elementi (sassi, colori, legumi: come in Legumi 2018/01, 2018). Lo stesso concetto di autorialità sfuma quando l’artista avvolge un tronco con il foglio ancora umido, sul quale rimangono impressi, asciugandosi, i segni lasciati da insetti xilofagi (Tre dimensioni differenti, sd -opera centrale-). Di queste carte, inoltre, si apprezzata il delicato equilibrio compositivo di un’estetica concettuale assimilabile alle esperienze minimaliste ma radicata nelle concezioni zen. Se nelle carte del padre è la natura a venir modificata, Mitsuki trasforma metaforicamente uomini in tronchi i quali traboccano (o assorbono?) energia vitale (Uno sguardo dentro, 2020).
Una seconda sala ospita cinque grandi e complessi teleri di Nobushige su cui troneggia quello che potrebbe essere il volto di una divinità; si scopre che è il calco del volto di una statuta che effigia la figlia, bambina, dell’artista, posizionata su uno sfondo indaco e trattenuta da fascine di rami di gelso: che l’Uomo innocente diventi dio nel rispetto della natura? Da un punto di vista formale, le opere sono costruite sul contrasto: la piattezza dello sfondo contrasta l’altorilievo della maschera, alla scabrosità della carta fa da contraltare la tela liscia.
Nell’ultima sala sono esposte tre sculture; Nobushige propone due cubi in resina trasparente più o meno regolari al cui interno sono annegati pezzi di carta. Prevalgono qui (Cubo 2018/01, 2018) gli aspetti plastico-formali sottolineati dalla luce interna che inscena giochi perdendosi nelle crepe, rimbalzando sulle carte ed evadendo dalla scultura stessa. Tuttavia, non vanno oltre la curiosità dello “scherzo” di luminoso. La terza opera è una scultura-installazione lignea a due mani. È un sunto dell’intera mostra. In essa si fondono: l’opera dell’uomo sulla natura (il tavolo e le stoviglie); la permanenza di quest’ultima (le gambe del tavolo sono ancora rami e tronchi); il rapporto tra cultura italiana e giapponese (sul tavolo ci sono posate e bacchette); e, soprattutto, il rapporto padre e figlio (il tavolo, opera di Mitsuki, è arricchito da una tovaglia di carta realizzata dal padre).
Palazzo Marliani Cicogna, piazza Vittorio Emanuele II, Busto Arsizio (VA) – 17 febbraio 2022 ¦ 27 marzo 2022
Add Comment