Le parole (anche) dell'arte

Le parole (anche) dell’arte

Sulla parola “mostra”

di Franco Lo Piparo

Potrà sembrarvi strano ma la parola ‘mostra’ nel senso di esposizione di dipinti o di altro ha la stessa origine della parola ‘mostro’ nel senso di animale fuori del comune. Entrambe derivano dal latino monstrum che vuol dire ‘prodigio’ ossia “fenomeno del tutto inconsueto, che trascende o sembra trascendere l’ordine naturale delle cose” (De Mauro). È uno dei non molti casi in cui l’etimologia può aiutare a capire l’uso attuale della parola.

Il prodigio è definito da quattro tratti. I primi due sono: (1) fuoriesce dalla normalità e, per questo, (2) viene vissuto come se fosse inviato da chi si trova lontano, di solito una divinità, che pur abitando in mondi molto diversi vuole aiutarci a capire il senso di ciò che facciamo o non facciamo. Ed ecco il terzo tratto: (3) il senso di un prodigio non è mai chiaro. Il prodigio mostra il suo senso nascondendolo. O, detto meglio usando un termine adoperato da Freud per spiegare i sogni, il senso del prodigio si mostra travestito. Per capirlo bisogna interrogarlo sempre di nuovo. Il quarto tratto è inquietante: (4) nessuna spiegazione esaurisce il senso del monstrum-prodigio.

P. Klee, Angelus novus, 1920

Eccoci arrivati al nostro tema. Proviamo a pensare una mostra di pittura come se fosse un monstrum-prodigio. Per farmi capire faccio un esempio. Prendiamo il quadro Angelus Novus che Paul Klee dipinse nel 1920.

Si vede una figura che Klee ci dice essere un angelo che scruta con molta attenzione (osservatene gli occhi) qualcosa che ha davanti a sé e che non riesce a chiudere le braccia che dovrebbero essere ali perché una forza che proviene da ciò che l’angelo sta scrutando glielo impedisce. Questo è ciò che appare. Proviamo a pensare la figura come una immagine onirica. Per capirne il senso bisogna freudianamente andare oltre il suo travestimento: il travestimento mostra e nasconde. 

Riporto la lettura che ne fece il filosofo Walter Benjamin. L’Angelus Novus di Paul Klee è l’Angelo della Storia. Ha le spalle rivolte verso il futuro, lo sguardo che fissa e scruta il passato da cui proviene un vento tempestoso e incontrollabile che non consente all’angelo di chiudere le ali e lo spinge verso il futuro.

È una interpretazione geniale. Il passato è analizzabile e in qualche modo conoscibile: gli occhi attenti dell’Angelus Novus lo stanno analizzando. Il futuro sfugge al nostro campo visivo: di esso non esistono documenti da esaminare; è, per l’appunto, alle nostre spalle nonostante si pensi, sbagliando, che stia davanti a noi. I segni del futuro bisogna scovarli nel passato anche se quasi sempre non si trovano quelli giusti. Ecco l’angelo della storia: guarda il passato, ha alle spalle il futuro verso cui la tempesta che si sprigiona dal passato lo spinge.

Se ci fate caso l’Angelus Novus di Paul Klee ha nella interpretazione di Walter Benjamin tutti e quattro i tratti del monstrum-prodigio. È probabile che Klee dipingendo il quadro non pensasse alla storia. Questo non è importante. Ogni opera d’arte ha in sé un inconscio che spetta ai fruitori portare alla luce. Non vale solo per grandi opere come quella di Klee. Ogni mostra è un monstrum-prodigio. 

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  • “Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese”, ma anche le zampe di un rapace, quasi arcaica sirena mitologica… Un angelo, quello dipinto da Klee, secondo l’interpretazione di Benjamin e la riflessione di Lo Piparo, non protettore, ma “mostruoso” annunziatore dell’impossibilità per l’uomo a un approdo felice.