Due mostre hanno inaugurato oggi (23 novembre) al Maga di Gallarate: “Moon Atlas” di Luca Missoni e “Le mie mani toccano la terra” di Arcangelo.
Il senso della prima è tutto riassunto nell’installazione appositamente realizzata per l’occasione: una stanza buia in cui tre pannelli retroilluminati tondi recanti immagini di una luna fotografata attraverso filtri colorati pendono dal soffitto ad altezze differenti. È in questa sala che si sommano tutte le caratteristiche positive di questa manifestazione: il genuino amore che Missoni dimostra per il nostro satellite (le foto lunari, lui le chiama “ritratti”), l’attaccamento alla famiglia, di cui non tradisce la passione per i colori (in mostra sono presenti anche gli arazzi del padre, Ottavio), e la sua tecnica fotografica. Per il resto, la serie fotografica che illustra le fasi lunari si apprezza per dimensioni e pulizia e figurerebbe benissimo in un testo di astronomia; invece, la serie con le lune colorate è, altrettanto sicuramente, un’originale paletta di colori. Oltre, tuttavia, non si riesce ad andare.
Di ben altra esistenza artistica è, invece, testimone la mostra dedicata ad Arcangelo, “Le mie mani toccano la terra”, che propone una carrellata di lavori dagli ultimi anni Ottanta fino ad oggi: opere pittoriche, sculture ed installazioni. Lavori che danno prova di un percorso artistico serrato, sviluppato in una dimensione di espressionismo tellurico, legato alla terra (in particolare alla sua terra d’origine: il Sannio), alle sue forme, ai suoi colori, ai suoi significati, alle sue fatiche.
Reminiscenze delle celebri tombe sannitiche sono, infatti, chiaramente riconoscibili nei suoi quadri di ampie dimensioni.
L’attaccamento ad un’esistenza “contadina” e “primitiva” -capace, comunque, di essere influenzata anche da esperienze lontanissime (il viaggi in Mali dell’autore)- è celebrata da un Grande altare, 1998: una serie di componenti, in ferro arrugginito, di vecchi letti, raccolti e selezionati dall’artista, esposti in quattro gruppi distanziati e di altezza decrescente appoggiati, in piedi, alla parete mimano le colonne di un altare (o di un tempio) che funge da soglia tra la storia domestica dell’artista e quella maturata nel corso di esperienze distanti geograficamente e culturalmente.
L’operare tattile ed espressionista di Arcangelo emerge sia dai dipinti sia da tutte le piccole sculture in ceramica o gesso sulle quali sono evidenti i segni del lavoro della mano sulla materia (espressionismo, appunto); ma sono visibili anche i richiami figurali che oscillano tra il mondo classico (arco di Traiano) e quello estremo orientale (abitazioni e pensatoi della cultura Dogon del Mali). Non mancano elementi di area concettuale-poverista che esaltano e sottolineano il rapporto strettissimo tra Arcangelo e la terra e quella forma di esistenza ad essa legata in modo indissolubile: una scultura, infatti, è completata con farina di mais (come granai), un’altra è arricchita da una spezia essiccata (origano).
Maga, Gallarate – 24 novembre 2019 ¦ 19 gennaio 2020
inoltre: Vip Lounge dell’aeroporto di Milano Malpensa – 16 dicembre 2019 ¦ 10 marzo 2020 (solo Arcangelo)
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